lunedì 26 aprile 2010

Una forma di sfruttamento


Per i ragazzi che sopravvivono alla guerra e non hanno riportato ferite o mutilazioni, le conseguenze sul piano fisico sono comunque gravi: stati di denutrizione, malattie della pelle, patologie respiratorie e dell'apparato sessuale, e l'AIDS.
Inoltre ci sono le ripercussioni psicologiche dovute al fatto di essere stati testimoni o aver commesso atrocità. Si aggiungono anche le conseguenze di carattere sociale, cioè la difficoltà dell'inserirsi nuovamente in famiglia e del riprendere gli studi. Le ragazze poi, soprattutto in alcuni ambienti, dopo essere state nell'esercito, non riescono a sposarsi e finiscono col diventare prostitute.
L'uso dei bambini soldato a volte può rappresentare un rischio per la popolazione civile, in quanto in situazioni di tensione sono meno capaci di autocontrollo degli adulti e quindi sono "dal grilletto facile".
L’utilizzo di questi bambini può essere considerato come una forma di lavoro illegittimo. L'ILO riconosce che: "il concetto di età minima per l'ammissione all'impiego o lavoro che per sua natura o per le circostanze in cui si svolge porti un rischio per la salute, la sicurezza fisica o morale dei giovani, può essere applicata anche al coinvolgimento nei conflitti armati". L'età minima, secondo la Convenzione n°138, corrisponde ai 18 anni.
Ma come avete potuto notare da tutti i post pubblicati questa convenzione non viene per niente presa in considerazione.
Ricerche ONU hanno mostrato come la maggior parte dei bambini che diventa soldato in tempo di guerra, sia soggetta allo sfruttamento lavorativo in tempo di pace.
La maggioranza dei bambini soldato appartiene a queste categorie:
• ragazzi separati dalle loro famiglie;
• provenienti da situazioni economiche o sociali svantaggiate;
• ragazzi che vivono nelle zone calde del conflitto;
• ragazzi che vivono nei campi profughi.
(fonte: http://www.volint.it/scuolevis/commercio%20armi/bambini.htm)

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